Angelo primo
L’annuncio
E fece sua, l’angelo, la fertilità della donna
per non invidiare Maria.
Insegnò alle valli l’eco di quel nome
per dimenticare il proprio:
e gli spazi non se ne stancavano,
e lo accordavano alle vie d’acqua.
Spossato dalla fatica di provare umanità
Lui, la cui veste era rossa, ne cambiò il colore:
e divenne placenta e reni, e sentì il peso augusto
della gestazione e se ne morse le labbra,
infatuato dalla bellezza di quell’intimo,
segreto aiutare a portare:
e divenne mammelle e incarnato.
E fu allora che riuscì a dire quel nome di donna
unendosi, sfinito, alle valli:
piangente:
e l’annuncio rese al nome del figlio
il sale della finitezza.
Angelo quarto
Tentazione
Ruotando velocemente su se stesso
quasi precipitò, per la troppa
fiducia nel suo volo,
su quell’arida zona di trapasso,
trovandosi inviluppato nella sua
stessa veste.
Il turbinio di sabbia
rese secca la sua mente e
s’accasciò, improvvisamente esausto,
stordito dalla larghezza di quel luogo.
Non riusciva a fissarsi
nell’Intelletto e ne provava
un ignoto sentimento di sconfitta,
la dissoluzione di un tentativo,
un desiderio di rivalsa.
La sua accaldata memoria
ritornò, beffata dalla calura,
al raduno della creazione:
miraggi di luce inanellavano
allora la Visione del Primo
e una corona di riflessi
gli fu sul Capo.
Ora arrancava stanca
una rimanenza di quella luce irrigua
nella sua sensibilità
di non uomo,
ma quel deserto lo privava
di ogni volontà
e lo seguiva senza requie,
infittendogli la smania di andarsene
e sottrarsi al compito di dare vita alla preghiera.
Apparve allora a se stesso come altro:
l’altro e il medesimo in un istante
perché una densa cortina di vapori si fece
specchio
davanti a lui.
Un’altra bellezza lo identificava:
comparvero sassi neri, erompendo dal suolo e
gli disegnarono intorno un recinto, un tempio.
Fu colto da timore e si riguardò.
Si piacque fino al dolore.
E ne rise.
Allora un fuoco senza calore
gli apparve e la sua mente
ne fu arsa.
La veste produsse una cenere sottile:
una strana mano che da lui crebbe –non so come–
la raccolse per spargerla
dentro quel circolo templare.
La pioggia ruppe l’afa.
Un umido Amen la sorresse.
L'immagine del titolo rappresenta le Schiere angeliche dipinte da Guariento di Arpo tra il 1345 e il 1354 come affresco per la volta della cappella dei signori Da Carrara. L'opera è conservata presso i Musei Civici agli Eremitani di Padova.