È strano!
Quando il 31 dicembre ho brindato al nuovo anno, quando ho iniziato a fare programmi sull’anno che stava arrivando (viaggi, patente, la vita dopo la maturità ecc.), mai avrei pensato che ci saremmo ritrovati nel pieno di una grave emergenza, nel bel mezzo di una pandemia globale. Il coronavirus è entrato a far parte della quotidianità, almeno nella mia, a gennaio quando ho iniziato a vedere scene surreali che arrivavano dalla Cina dove città, metropoli venivano messe in quarantena con i militari a presidiare ogni angolo della strada. Come ho detto forse il coronavirus è entrato nella mia quotidianità e di pochi altri poiché fino a fine gennaio la maggior parte delle persone non dava abbastanza peso a questa situazione. Tutto cambia a febbraio quando l’emergenza arriva in Italia. Mi ritrovo catapultato nel passato come se le pagine di storia che avevo studiato avessero preso improvvisamente vita. Sfortunatamente, però, non abbiamo tutti preso parte ai “Promessi sposi” di Manzoni, ma siamo stati chiamati a scrivere una nuova triste pagina di storia.
Il virus con il passare del tempo continua la sua inarrestabile avanzata ed ecco che in classe, nel mio caso a danza, si inizia a discutere, e iniziano ad arrivare i primi bollettini dalla protezione civile che portano notizie riguardo le prime vittime e l’istituzione delle zone rosse, zone in quarantena proprio come in Cina. Il 5 marzo il Presidente del Consiglio annuncia la chiusura delle scuole fino al 15 dello stesso mese, ma pochi giorni dopo la chiusura delle scuole viene prolungata fino al 3 di aprile con l’estensione della zona rossa a tutta Italia, ed è questo il contatto con il virus, da qui tutto cambia.
Tutto d’un tratto mi ritrovo a casa senza la possibilità di avere contatti con i miei compagni e l’unico mezzo con cui possiamo comunicare è il telefono. Ci ritroviamo tutti come condannati agli arresti domiciliari poiché giustamente il Governo per contenere il contagio ha messo in quarantena il Paese. Da subito ho avvertito sensazioni diverse, tra tutte prevaleva il dolore nel vedere il mio amato Paese in queste condizioni. Non nascondo niente ed ammetto che mi sono scese anche delle lacrime. Dall’oggi al domani mi ritrovo in casa, senza poter magari godere delle libertà che ci spettano di diritto e ho iniziato a pensare.
Ho pensato a quanto tempo, soprattutto noi giovani, perdiamo sui cellulari. Ho iniziato a fare piccole cose che magari prima nella quotidianità non facevo. Ad esempio aiuto mia madre in casa oppure ho iniziato a vedere tanti dvd che avevo sulle mensole e che non vedevo forse da anni. Poi, ovviamente, la sera non mancano le videochiamate con i miei amici. Ieri ne ho fatte ben tre.
Spero che da questa situazione le persone imparino quanto sia importante il rapporto umano, personale e non soltanto quello virtuale. Dunque, la vita di un ragazzo di provincia durante il coronavirus, scorre come fiume che lentamente arriva alla sua foce per poi liberarsi e congiungersi con il mare. Dunque, tutti aspettiamo quel momento in cui possiamo scendere da casa e ritrovare i nostri amici, parenti, specialmente quelli lontani. Allora, in seguito, anche all’ultimo messaggio del Presidente, in me oltre al dolore si è aggiunta la forza. La forza di andare avanti e di non arrendersi. In conclusione, dunque, riprendo il messaggio del Presidente: «RIMANERE DISTANTI OGGI PER ABBRACCIARCI CON PIƯ CALORE, PER CORRERE PIƯ VELOCI DOMANI».