Rossella Catambrone è una ragazza senza grilli per la testa, una che studia sia pure a memoria e per il voto non per diletto, ma a lei basta per darsi le dovute arie, per risultare, tutto sommato, antipatica.
In una classe dell’Istituto tecnico statale per il commercio e per il turismo Nicoloso da Recco di Torre Bruciata, quartiere periferico di Roma, lei è la classica alunna figlia di una famiglia piccolo-borghese, mamma insegnante delle “medie” e papà impiegato comunale, tutta casa e scuola, quella del capo chino, quella sempre attenta del primo banco. I suoi compagni di classe sono altro da lei, figli del disinteresse, di miserie, abbandoni e violenze. Avrebbero un’ancora a cui aggrapparsi, ci sono dentro ogni giorno, ma solo coi corpo. La loro mente è altrove, la scuola non rappresenta per loro la possibilità di un riscatto, di un futuro.
Proprio Rossella Catambrone un giorno di maggio scompare. Potrebbe essere stata rapita. Potrebbe essere stata uccisa. E qui inizia un giallo intrigante, in cui si muovono personaggi con storie di fallimenti alle spalle e di lunghi tentativi di risalita . Tutto è ambientato in una Roma di periferia da dove partono per indagare il professor Paolo Romano edue alunni di quella classe, i peggiori, ripetenti e bulli, Mansur, detto Momo, di madre nigeriana ma italiano, anzi romano e Francesca, attivista di estrema destra, più per necessità di aggregazione che per scelta. L’ispettrice del commissariato di zona dapprima è su una falsa pista (viene arrestato Momo) ma poi anche lei schiera.
Altri personaggi animano le pagine, ponendosi come antagonisti e/o come aiutanti, aprendo così il paesaggio mentale di chi legge ai poeti maledetti, all’Italia degli anni Settanta del Novecento, a quelli che sembrano “cattivi maestri”, ai sogni, a dir poco, folli di una scuola diversa e di un insegnare diverso. Il colpo di scena finale aprirà ad un futuro della scuola inusitato quanto scontato. Il libro prende il lettore con un ritmo incalzante, coinvolgendolo in una ricerca della ragazza scomparsa che di fatto diventa una caccia al tesoro, “un gioco”, appunto, che quasi pilota i protagonisti nelle indagini mediante frasi di autori maledetti e non. Viene così offerto al lettore un modo per immergersi nella letteratura di ogni epoca e di ogni paese; un modo per il lettore per spaziare da Torre Bruciate, alla Piramide Cestia, alle grotte del Vaticano, al covo della banda della Magliana.
Il filo conduttore di questo romanzo intitolato Il Gioco è Edgar Allan Poe, le cui frasi tratte dai suoi testi, aprono e chiudono le indagini.
Giovanni Floris, noto giornalista e conduttore televisivo, si rivela così, da bravo figlio di un’insegnante di Lettere, un appassionato della scuola e delle sue problematiche (già nel saggio Ultimo Banco), abile nell’uso delle tecniche di scrittura e nell’uso di ciò che sa, per creare altro sapere. Leggendo Il gioco , quasi inconsapevolmente, si conosce Roma, si conoscono Edgar Allan Poe, Rimbaud, Breton, Campana , Pascoli, D’Annunzio ed altri. Il tutto piacevolmente.
Ilaria Parisella è Docente di Lettere presso l'ITS Arturo Bianchini di Terracina.