Lunedì, 11 Marzo 2019 07:41

PERCHE’ CADONO COSI’ TANTI ALBERI?

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Emergenza alberi! Strage di alberi in montagna. Alberi abbattuti dal vento. Sono solo alcuni dei titoli che hanno riempito le prime pagine dei giornali italiani in queste ultime settimane. Ma cosa sta succedendo? Perché gli alberi cadono? di RENATO REGGIANI*

Un albero cade in natura quando arriva alla fine del suo ciclo vitale,la sua caduta è parte di un percorso naturale, lo spazio lasciato dalla sua chioma nel fitto di un bosco, permette alla luce di filtrare e altri giovani alberi cresceranno al suo posto. Il tronco sarà smantellato da una miriade di organismi viventi e funghi che lo “ricicleranno” trasformandolo in un incubatore di vita e biodiversità.

In città la caduta di un albero è invece quasi sempre un evento traumatico, troppo spesso tragico che sembra coglierci alla sprovvista e che ci ricorda che quell’albero che da sempre vedevamo nella nostra piazza preferita o che si ergeva di fronte alla nostra casa è un essere vivente e come tutti gli esseri viventi può morire. Troppo spesso consideriamo gli alberi come un dato di fatto, uno sfondo dato per scontato e non preziosi esseri viventi da curare e rispettare e con un loro ciclo di vita, li pensiamo eterni e non pensiamo a sostituirli per tempo, come avverrebbe in natura.

Gli alberi in città saranno sempre più importanti, sia per l’incredibile contributo che offrono contro l’inquinamento da CO2, assorbendo enormi quantità di gas serra durante la loro vita, contro le polveri sottili killer che imprigionano nelle loro foglie e contro l’aumento delle temperature che aiutano a mitigare in estate con la loro ombra e con la capacità che hanno di riflettere parte della radiazione solare in maniera superiore all’asfalto che ricopre le nostre città.

Quando un albero cade, le motivazioni sono spesso più di una. La strage di milioni di pini abbattuti lo scorso autunno da un fortissimo vento sulle Alpi ha una causa evidente a tutti,il vento, ma anche l’uomo che ha piantato questi bellissimi boschi sulle Dolomiti dopo la 1 guerra mondiale ha una parte di colpa. Con la cd. legge Fanfani, si piantarono meritoriamente milioni di giovani abeti, creando delle foreste composte di un solo tipo di alberi, sicuramente molto apprezzato per il suo legno, ma senza le altre essenze arboree che compongono naturalmente i boschi di montagna con radici più profonde e più forti, ha causato un terribile effetto domino dove gli alberi sono caduti uno dopo l’altro come birilli, senza trovare ostacoli.

Larici, Faggi, Ontani, Frassini, Aceri di Monte avrebbero potuto evitare la strage, ma nessuno li piantò all’epoca. Lo stesso vale per le nostre città, spesso gli alberi sono stati piantati in una altra era, con più spazio a disposizione,un clima diverso e scelti più per il loro valore estetico, pini alti 30 metri circondati da cemento e asfalto, saranno belli, ma non sono adatti al centro della città di Roma, le loro radici sono abbastanza superficiali e inevitabilmente causeranno sconquassi nel manto stradale e prima o poi cederanno se coperte da asfalto o tagliate per improvvisi lavori stradali.

Nelle bellissime città italiane, occorre scegliere l’albero giusto al posto giusto, Pini, Lecci, Querce o Platani e soprattutto, evitare le dannosissime potature continue, fatte ogni anno e con scarsa professionalità.

Potare un albero è come un intervento chirurgico, talvolta può essere necessario, ma deve essere fatto da professionisti e se possibile evitato. Potature come la tristemente nota “capitozzatura” non servono a “rafforzare gli alberi” ma a farli morire prima. Dai tagli prodotti per recidere i rami entreranno funghi, batteri patogeni, parassiti e l’albero per ricreare la sua chioma consumerà preziose risorse sottraendole anche alla crescita delle radici.

Recenti ricerche hanno dimostrato come le radici di molti alberi crescono più in inverno, quando l’albero sembra in letargo che nelle altre stagioni. Esiste un mondo sotterraneo di funghi simbionti, micorrize e radici di cui sappiamo sempre di più grazie alla botanica.

Asfissiare gli alberi centenari delle nostre città con l’asfalto per ricavare qualche parcheggio in più, privarli della luce costruendo palazzi su tutti i lati, massacrarli con potature indiscriminate, accorcia la loro vita e ci priva dei nostri più forti alleati contro l’inquinamento urbano.

Nuove malattie come il “mosaico del Platano” e mortali parassiti come il terribile “punteruolo rosso” della palma stanno cambiando il panorama delle nostre città senza trovare predatori naturali a contenerne la diffusione. Occorre reagire, usare la scienza per combattere questa vera e propria guerra verde in difesa dei nostri amici alberi.

 

  • Renato Reggiani, romano, 49 anni, giornalista scientifico ed esperto di comunicazione ecosostenibile. Ha fondato Biopic “Smart Urban farming e UniversiNet.it, ha il cuore diviso tra l’Italia e l’Olanda dove ha studiato e lavorato a Rotterdam con il programma Erasmus per imprenditori. Inventore e designer ha depositato due brevetti industriali. Ha fondato l’Associazione Frontiere della Comunicazione per insegnare  il cinese ai bambini delle scuole elementari italiane. Fulminato sulla via di San Francisco dalla Maker Faire, ha collaborato e curato l’area agricoltura digitale nella MFR2018. Ha collaborato con la facoltà di Scienze della Comunicazione di Roma e il Politecnico di Milano facoltà di Architettura a Piacenza. Premiato a Copenaghen per la Corporate Social Responsibility. Il suo motto è Cambiare il mondo si può, un orto alla volta”.

 

 

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