Il bullismo è uno dei problemi scolastici di cui si sente parlare sempre più spesso. Sono molti i fatti di cronaca dove i ragazzi compiono atti violenti a scuola, o al di fuori, nella fase adolescenziale e pre-adolescenziale, i quali trovano risposta da parte delle autorità competenti che prendono posizione contro i malfattori; ma, purtroppo, sono tantissime anche le situazioni di bullismo (mobbing in età evolutiva) dove la vittima di violenza e la sua famiglia non trovano il coraggio di denunciare.
Il bullismo è contraddistinto da un’interazione tra coetanei caratterizzata da un comportamento aggressivo intenzionale, da uno squilibrio di forza/potere nella relazione e da una durata temporale delle azioni vessatorie. Vorrei richiamare la vostra attenzione sull’aggettivo “forte” che spesso è associato al bullo; egli è veramente una persona forte? Compie le sue azioni per sentirsi forte, dimostrare alla sua platea che non ha paura di niente e che analogamente vuole trasmettere paura. Bisogna fare una differenza tra “sentirsi e dimostrare forza” ed “essere forte”, tale differenza sta nel fatto che una persona forte non ha la necessità di dimostrare la propria forza, sa di esserlo e ciò gli basta “Never play for the audience”. Fondamentale ricordare che, non di rado, la causa di un comportamento aggressivo è un sentimento di inadeguatezza percepito dal bullo. Il bullo, infatti, è spesso una persona fragile, sofferente, e mette in atto tale comportamento come riflesso di questo.
Le motivazioni alla base del bullismo sono difficili da individuare e spesso hanno un’origine profonda: da una mancanza di controllo degli impulsi a problemi di gestione della rabbia, oppure sentimenti di gelosia e invidia; hanno un forte bisogno di dominare gli altri, in concomitanza con una scarsa empatia nei confronti delle vittime. L’empatia è quella capacità di comprendere l’altro mettendosi nei suoi panni, una vera e propria capacità intellettiva che tutti noi dovremmo allenare. Comprendere che i disagi dell’altro sono come propri, che in un certo contesto noi manifestiamo le stesse difficoltà di relazioni e gli stessi disagi, ci permette di sentire l’altro più vicino a noi, di creare un’apertura relazionale e di fare in modo che l’altro faccia lo stesso.
L’empatia dovrebbe essere presente non solo nel bullo, ma anche negli spettatori, quella platea che serve a tale bullo per dimostrare la sua forza. La scuola, la famiglia e tutti gli enti che si occupano di tale tematica possono affrontare questo argomento in svariati modi ma è solo avendo empatia che tali comportamenti aggressivi potranno avere fine. Gli spettatori devono prendere le parti della vittima: difendendola, consolandola o cercando di interrompere le prepotenze del bullo.
Bisogna essere solidali di fronte al bullismo che si manifesta nei gruppi adolescenziali, essere empatici nei confronti della vittima, perché oggi potrebbe essere quella persona e il giorno dopo la vittima potresti essere tu. Quindi bisogna unirsi e capire che la fine del bullismo deve partire dai ragazzi, dal fare gruppo, perché nessuno deve essere lasciato solo e magari bisogna comprendere i motivi dei gesti del bullo, molto spesso anche a loro può servire aiuto. Si può tener conto dello spirito riduttore: gli studenti disagiati, aggressivi, provocatori possono non “essere” aggressivi, ma “manifestano” aggressività, per situazioni e contesti, che tutti noi dobbiamo cercare di comprendere ponendoci in ascolto; si tratta, cioè, di manifestazioni di disagio psichico congiunturali, che esprimono solo uno dei tanti stati psichici che si possono manifestare in ogni individuo.