Per la verità gli amici erano più di quattro, il bar si trovava nella zona di FOCE a Genova ( praticamente a due passi dal mare), ed il mondo da cambiare era quello della musica italiana.
Siamo nei primi anni 60 e nel panorama della musica italiana comincia ad affacciarsi una figura “nuova”: quella del cantautore. Fino a quel momento si era abituati ai cantanti che interpretavano brani scritti da altri, i così detti parolieri, che poi venivano affidati a compositori che provvedevano alla scrittura della melodia ed al relativo arrangiamento orchestrale. Il cantautore, invece, fa tutto da solo: costruisce il testo, compone la musica e detta le linee per l’arrangiamento.
Ma perché questa novità è diventata una “rivoluzione” per la musica italiana?
Per due motivi :
La figura e la funzione del cantautore fanno nascere quella che verrà definita “ la canzone impegnata” per i contenuti dei brani e la distanza progressivamente sempre maggiore con la così detta “ canzone commerciale” i cui temi restano sostanzialmente legati al binomio “cuore/amore”;
L’esperienza del cantautorato si ramifica in breve tempo in tutta Italia dando vita, nelle principali Città, a delle vere e proprie “scuole” accomunate da alcuni elementi quali, ad esempio, il fatto che i giovani cantautori eleggono quale luogo privilegiato di incontro, di confronto, e di esibizione comune determinati luoghi: i Club a Roma; le osterie a Bologna e, appunto, i bar a Genova.
La scuola dei cantautori genovesi è quella che forse più delle altre ha dato alla musica italiana impulso e novità sia in termini di quantità che in termini di contenuti.
Bruno Lauzi, Gino Paoli, Gianfranco e Giampiero Reverberi, Giorgio Calabrese, Umberto Bindi, Luigi Tenco e Fabrizio De Andrè ( senza dimenticare il coinvolgimento avvenuto col tempo dei gruppi rock- progressive di Genova quali i New Trolls e la Premiata Forneria Marconi) con le loro canzoni hanno veramente contribuito a rivoluzionare il panorama musicale italiano.
Perché questo sia stato possibile a Genova è presto detto. Genova è una città nella quale, progressivamente, si è verificata una stratificazione multiculturale. Soprattutto c’era, e c’è, una grande attenzione ai fenomeni culturali provenienti dall’estero. Inoltre, non essendo una metropoli, è molto semplice per coloro che hanno un “idem sentire” rispetto alle tendenze culturali, incontrarsi, mettersi insieme e produrre delle novità.
Ed è esattamente ciò che accadde per i cantautori.
Uniti dalla comune attenzione per gli autori francesi, nonché per la musica jazz piuttosto che per lo swing, gli esponenti della scuola cantautorale genovese non ebbero difficoltà né a riunirsi per ascoltare musica, né, soprattutto, a mettere a frutto ciò che da questo ascolto derivava poi in termini di creatività compositiva.
Lo stesso Giampiero Reverberi disse: «Ci importava soltanto di sentire tanta musica. Ascoltavamo gli autori francesi, che facevano dei testi notevoli, erano dei veri poeti. Fabrizio De André aveva una conoscenza spaventosa dei poeti, e si sentiva che il suo modo di scrivere era poetico. Sentivamo anche gli autori americani. Giorgio Calabrese, che aveva anche più anni di noi era documentatissimo sul modo di scrivere e sulle traduzioni delle canzoni. In questa situazione di fermento e di curiosità, se ti mettevi a scrivere, non scrivevi mai una stupidaggine, ma cercavi di avvicinarti a quel tipo di livello».
Il dato comune a tutti i cantautori della scuola genovese è la ricerca della libertà intellettuale declinata anche da alcune visioni politiche comuni. Forse l’unico che aveva una prospettiva meno ideologizzata e più “liberale” era Bruno Lauzi. Questa ricerca fa nascere una scrittura, poetica prima che musicale, che sfocia apertamente nell’individualismo, soprattutto nella produzione di Fabrizio De Andrè che è universalmente riconosciuto come il cantautore i cui testi hanno la valenza poetica in assoluto di maggior spessore rispetto agli altri.
La vita e le carriere dei cantautori della scuola genovese ebbero sbocchi e dinamiche diverse, in alcuni casi fatte da emarginazione e addirittura momenti drammatici, come fu per Umberto Bindi o per Luigi Tenco.
Ma di questo, parleremo in una prossima occasione.