In una ampia intervista pubblicata su “La Gazzetta del Mezzogiorno” in cui ha affrontato diversi temi che riguardano la scuola, dalla difesa delle tradizioni e del crocifisso alla sicurezza in classe; dalle misure più significative da adottare per il comparto scuola al reclutamento dei docenti; dal valore legale della laurea ai vaccini e al problema delle autocertificazioni, il ministro dell'istruzione Bussetti ha invitato i docenti a non caricare di compiti gli studenti durante le vacanze di Natale. Riportiamo testualmente quanto affermato dal ministro: << Ho fatto una riflessione. Rispetto l’autonomia scolastica che per me è fondamentale e faccio un appello ai docenti a dare meno compiti per le vacanze natalizie in modo da regalare un giusto momento di riposo a famiglie e alunni. Penso semplicemente a questi giorni di festività e ai ragazzi e ai loro genitori che vogliono trascorrerli insieme >>. La riflessione del ministro sui compiti assegnati per le vacanze non è nuova e se andiamo a rileggere le cronache scolastiche essa si ripresenta anno dopo anno nei mesi di giugno, luglio e dicembre sempre uguale a se stessa senza che giunga mai a concretizzare una idea che dia il via ad una nuova e diversa concezione della didattica, del rapporto del docente con il discente, dell’organizzazione del tempo libero dei giovani in età scolare. Forse, per come è stata posta la riflessione può ingenerare degli equivoci e sembrare estemporanea perché, innanzitutto, non si capisce per quale motivo i ragazzi non potrebbero passare del tempo con i propri genitori a causa di un paio di ore al giorno da dedicare ai compiti. Anche nel caso di viaggi in Italia o all’estero dato che questa scelta o possibilità riguarda solo il 25% degli italiani che lasciano la propria casa e città per un periodo medio di quattro giorni. Quattro su quindici. Si può facilmente dedicare del tempo ai compiti pur trascorrendo un mare di tempo con i propri genitori e parenti. In realtà la questione posta dal ministro, che ha anche suscitato diverse critiche in relazione alla questione della libertà di insegnamento, è seria e sentita e divide schiere di pedagogisti oltre che di genitori e insegnanti. Anche se la maggioranza dei genitori, stando alle statistiche e ai sondaggi, propende per la tradizionale prassi dei compiti per le vacanze.
Comunque, la riflessione che deve essere fatta è sulla necessità o meno di assegnare dei compiti per le vacanze all’interno di un determinato sistema scolastico, di una certa idea di scuola e di insegnamento.
In questo senso esistono posizioni molto distanti tra loro, ma che, tuttavia, presentano qualche punto in comune da cui si potrebbe partire per formulare una proposta riguardo alla questione.
Uno dei più accaniti nemici dei compiti, non solo per le vacanze, ma in assoluto, è Maurizio Parodi, Dirigente Scolastico e autore del libro “Basta compiti. Non è così che si impara”, il quale sostiene che << …le informazioni ingurgitate attraverso lo studio domestico, per poi essere rigettate a comando durante interrogazioni e verifiche, solitamente non lasciano traccia e dai dati dell’Ocse emerge che gli studenti italiani, pur studiando il doppio delle ore rispetto ai ragazzi degli altri paesi europei, si piazzano solo al 34° posto nella classifica mondiale dell’alfabetizzazione. Questi sono dati inoppugnabili, e il fatto che le migliori scuole del mondo non diano compiti a casa, o ne diano pochissimi, non induce in Italia alla minima riflessione o autocritica. Evidentemente gli insegnanti pensano che la scuola sia comunque giusta, e gli alunni che non riescono siano comunque sbagliati. Invece, l’insegnamento e l’apprendimento devono avvenire in presenza del docente, a scuola, dove si insegna solamente e si impara a casa>>. Insomma, per Parodi e per molti altri pedagogisti i compiti per casa sono solo << una tendenza generale, esprimono logiche di apparato che si impongono, inveterate abitudini, ritualità didattiche. Una di quelle liturgie che si impongono come se fosse una necessità fisiologica>>.
Al contrario, si sostiene da più parti, ed è una idea abbastanza comune, che i compiti da svolgere durante le vacanze aiutano a non perdere l’allenamento allo studio, a non perdere le nozioni apprese a scuola. Inoltre, è importante che i ragazzi si applichino da soli nello studio per misurare le proprie capacità, abituandosi all’impegno, alla fatica, alle responsabilità. Le voci più illuminate, però, sostengono che andrebbero assegnati i compiti in modo personalizzato, a seconda delle capacità e delle potenzialità degli studenti e arrivano ad affermare che i soliti compiti di ripasso o di esercitazione sugli argomenti trattati a scuola siano noiosi ed improduttivi. Bisogna dare compiti utili a sviluppare l’intelligenza e la curiosità.
Ecco, di certo esiste un diverso e opposto modo di valutare le questione dei compiti da svolgere a casa durante le vacanze. Valutazione che prefigura un diverso modo di intendere il sistema dell’istruzione. Eppure, c’è un tratto in comune in queste due posizioni antitetiche, al di là delle considerazioni che pure andrebbero fatte sul rapporto tra scuola e società, tra famiglie e scuola, e tale tratto in comune è la considerazione che i ragazzi non vadano lasciati senza fare assolutamente nulla. La questione vera è la seguente: dato che i compiti per le vacanze tradizionalmente intesi non aggiungono nulla alla preparazione dei ragazzi, ma è altrettanto vero che gli stessi non possono essere abbandonati a se stessi; che, stando ad un sondaggio su 1500 studenti fatto dal sito specializzato Skuola. net il 31% degli studenti fa quasi tutti i compiti in gran parte copiando, il 14% li svolge per intero, il 17% arriva a metà dell’opera, il 26% ne fa pochissimi e il 12% non li fa proprio, bisognerebbe pensare ad un approccio diverso che tenga conto dei diversi aspetti che emergono dalle due tesi dei contrari e dei favorevoli ai compiti per le vacanze.
Io credo che sia giusto considerare il fatto che i ragazzi non debbano mai perdere il contatto con l’impegno, con il lavoro, con la studio, ma penso che quest’ultimo debba essere somministrato, mi riferisco al periodo delle vacanze, in modo diverso. Le vacanze sono una opportunità per mettere in atto l’ozio attivo: per ritrovare le energie, il tempo e lo spazio per la riflessione e l’approfondimento, per la curiosità, per guardarsi intorno cercando di interpretare il proprio rapporto con la realtà, con il mondo. Allora, spazio ai viaggi studio, alle visite ai musei e alla partecipazione ad iniziative culturali ed artistiche e soprattutto spazio alla lettura perché leggere in questo periodo storico in cui domina l’uso quasi esclusivo degli smartphone utilizzati per lo più per scopi ludici è l’unico antidoto all’analfabetismo, alla povertà lessicale e dunque alla incapacità di sviluppare conoscenze e comprensione della realtà in cui si vive. Credo che per le vacanze possa essere utile dare in lettura dei libri adatti alle capacità e alle inclinazioni dei propri studenti o legati agli argomenti e alle tematiche trattate a scuola ed assegnare dei compiti di realtà per sviluppare in modo stimolante le competenze proprie delle diverse materie di studio.