Il nuovo Rapporto Ocse (Organizzazione per lo Sviluppo Economico e la Cooperazione a cui aderiscono 36 paesi), dal titolo "Education at a glance 2019"( Uno sguardo sull’istruzione – indicatori dell’OCSE) presentato in questi giorni, prende in considerazione vari aspetti del mondo dell’istruzione, dalla scuola in tutti i suoi ordini di studio, all’Università, evidenziando per il sistema dell’istruzione italiano diverse criticità e prefigurando un futuro, se possibile, peggiore del presente.
Lo studio si sofferma in particolare sui seguenti problemi che in questi ultimi anni, nonostante le riforme, non sono stati adeguatamente considerati: l’Italia spende poco per l’istruzione; i docenti italiani sono in maggioranza ultracinquantenni; vi è una bassa percentuale di laureati; vi è un altissimo tasso di NEET, di giovani che non studiano e non lavorano.
Andiamo per ordine.
L'Italia spende circa il 3,6% del suo Pil per l'istruzione dalla scuola primaria all'università, una quota inferiore alla media Ocse del 5% e uno dei livelli più bassi di spesa tra i Paesi dell'Ocse. La spesa è diminuita del 9% tra il 2010 e il 2016 sia per la scuola che per l'università. La spesa per studente spazia da circa 8 000 dollari statunitensi nell’istruzione primaria a 9 200 dollari statunitensi nell’istruzione secondaria e 11 600 dollari statunitensi nei corsi di studio terziario o circa 7 600 dollari statunitensi se si esclude la spesa per ricerca e sviluppo. Le famiglie contribuiscono al 5% del finanziamento totale dell’istruzione dalla scuola primaria alla scuola post-secondaria non terziaria e al 30% al livello d’istruzione universitaria.
L'Italia ha la quota maggiore di docenti ultra cinquantenni (59%) e dovrà sostituirne circa la metà entro i prossimi dieci anni. Quota 100 ha aumentato il turn-over. Inoltre la nostra scuola ha la quota più bassa di insegnanti di età tra i 25 e i 34 anni nei Paesi dell'Ocse. I docenti, poi, sono sottopagati e scontenti dal punto di vista del riconoscimento della loro professione.
L’Italia è il fanalino di coda per numero di laureati. Il 19% dei 25-64enni hanno un’istruzione universitaria contro una media del 37%. Unico dato positivo è che la quota di laureati è in aumento per le generazioni più giovani. La quota di giovani adulti (di età compresa tra i 25 e i 34 anni) che hanno un titolo di studio di istruzione terziaria è più elevata e ha raggiunto il 28% nel 2018 (34% per le giovani donne). Questi bassi livelli d’istruzione universitaria possono essere in parte dovuti a prospettive insufficienti di lavoro e a bassi ritorni finanziari in seguito al conseguimento di un titolo di studio terziario. I tassi di occupazione degli adulti laureati in Italia variano dal 71% per gli adulti che hanno studiato nel campo delle belle arti all’84% per i laureati nel campo delle tecnologie dell’informazione e delle comunicazioni e all’85% per i laureati in ingegneria, produzione industriale e edilizia, e nel campo della sanità e dei servizi sociali. I tassi di occupazione sono più elevati nei settori in cui la maggior parte degli studenti è di sesso maschile, salvo nel settore della sanità e dei servizi sociali.
I NEET. Si chiamano NEET i giovani che non studiano, non lavorano, non si formano. L'Italia registra la terza quota più elevata di giovani in queste condizioni tra i Paesi dell'Ocse: il 26% dei giovani di età compresa tra 18 e 24 anni è Neet, rispetto alla media Ocse del 14%. L'Italia e la Colombia sono gli unici due Paesi con tassi superiori al 10% per le due categorie (inattivi e disoccupati) tra i 18-24enni. Circa l’11% dei 15-19enni sono Neet, ma questa quota triplica per i 20-24enni, raggiungendo il 29% per le donne e il 28% per gli uomini nella classe d’età in cui inizia la transizione verso l’istruzione terziaria e il mercato del lavoro.
Vi è, infine, un dato molto preoccupante: nei prossimi dieci anni avremo oltre un milione di studenti in meno.
Una nota positiva c’è, a saperla valorizzare in prospettiva, il tasso d'iscrizione scolastica dei bambini di età compresa tra i 3 e i 5 anni è del 94%, un valore superiore alla media Ocse. In Italia abbiamo la piena scolarizzazione a partire dai tre anni di età. Su questo una politica consapevole e seria potrebbe costruire un futuro diverso per il nostro paese.