L’ Ufficio Gestione del Patrimonio Informativo e Statistico del MIUR ha appena pubblicato i dati relativi all’abbandono scolastico negli istituti di istruzione primaria e secondaria di I° e II° grado.
Vediamo da vicino i dati che riguardano l’istruzione secondaria di II° grado.
L’analisi è stata condotta tenendo presenti due momenti distinti del percorso di studi dell’intera popolazione scolastica: l’abbandono in corso d’anno, dato dall’insieme di alunni che hanno interrotto la frequenza prima del termine dell’anno scolastico, nei 5 anni di corso; l’abbandono tra un anno e il successivo, dato dall’insieme di alunni che, avendo frequentato l’intero anno scolastico nel I, II, III e IV anno di corso, non hanno ripreso la frequenza a scuola nell’anno scolastico successivo. L’insieme di queste due tipologie di “abbandono” costituite dall’insieme di alunni che hanno abbandonato la scuola nel corso dell’anno scolastico 2016/2017 e dall’insieme di alunni che hanno abbandonato la scuola nel passaggio dall’anno scolastico 2016/17 all’anno scolastico 2017/18, dà luogo ad un dato che fornisce una chiara dimensione del fenomeno, che è il dato dell’abbandono complessivo. Questo dato ci dice che su 2.601.694 studenti, 99.272 abbandonano la scuola. Il 3,81%. Questi adolescenti che non portano a termine gli studi, vanno ad ingrossare quella massa di giovani italiani che non studiano, non frequentano corsi professionali o di avviamento al lavoro (gli studenti che si iscrivono al sistema regionale di istruzione e formazione professionale non entrano nel computo degli abbandoni) e non lavorano, se non, forse saltuariamente in nero. Essi costituiscono un problema non solo per il sistema dell’istruzione del nostro paese, ma anche un enorme e complesso problema sociale dalle tante sfaccettature. Entrando nel dettaglio, l’analisi ci dice anche molte altre cose su cui riflettere: l’abbandono è maggiore tra la popolazione maschile che tra quella femminile, il 4,6% contro il 3%; l’abbandono complessivo è molto elevato al primo anno di corso, il 6,2%, quando negli anni successivi si aggira tra il 3 e il 4%; il fenomeno dell’abbandono scolastico è maggiormente diffuso nel meridione dove si distinguono in negativo Campania, Sicilia e Sardegna; relativamente alla cittadinanza gli studenti stranieri hanno un altissimo tasso di dispersione scolastica, il 10,5%. I Bengalesi sono i cittadini stranieri che incontrano maggiori difficoltà nella nostra scuola. L’abbandono scolastico è un fenomeno che incredibilmente riguarda anche le scuole paritarie, dove la percentuale sale al 7%.
Naturalmente, visto che l’abbandono scolastico è influenzato sia dal livello motivazionale dello studente che dalla condizione sociale, elementi che influenzano la tipologia del percorso scolastico scelto, “il tasso più contenuto di abbandono complessivo si è registrato nei Licei che hanno presentato mediamente una percentuale di abbandono complessivo dell’1,8%. Per gli istituti tecnici la percentuale è stata del 4,3% e per gli istituti professionali del 7,7%”.
Dando uno sguardo all’abbandono scolastico nei corsi di studio degli Istituti Tecnici, possiamo sottolineare che la maggior percentuale di abbandono si verifica nel corso di studio Amministrazione, Finanza e Marketing.
L’abbandono scolastico è una sconfitta per il sistema di istruzione di un paese, per la sua costituzione sociale ed economica e per il suo stesso grado di civiltà. Di certo è un fenomeno che deriva da molteplici fattori quali il livello di istruzione e formazione delle famiglie di origine degli studenti; dal benessere economico del contesto familiare; dalla partecipazione ed inclusione lavorativa e sociale. Per tutti questi indicatori la stessa analisi del MIUR fornisce dati esplicativi che dimostrano con chiarezza il legame inverso che esiste tra essi e il tasso di abbandono scolastico complessivo. Eppure, oggi queste cause da sole non bastano a spiegare questa particolare difficoltà della nostra scuola e della nostra nazione italiana. Difficoltà che non è segnata solo dal dato dell’abbandono, tra l’altro in diminuzione nella serie storica, ma soprattutto dall’argomento più dibattuto in questi giorni: gli ultimi dati pubblicati relativi alla preparazione, anzi non preparazione, dei nostri studenti. Ecco, allora, che entrano in gioco altre cause dovute a limiti strutturali ed organizzativi che non sono mai stati superati dal nostro sistema scolastico, al quale sono stati sottratti nel 2011 fondi per otto miliardi, nel 2018 centosessanta milioni e 3,9 miliardi per il triennio 2019-2021, con pesanti ripercussioni sull’edilizia scolastica, sul patrimonio strumentale, sulla didattica, sugli insegnanti di sostegno. Vi sono poi limiti relativi alla formazione dei docenti, al loro inquadramento economico, al grado di considerazione sociale di cui godono, anzi non godono, nella nostra società; limiti relativi ad una mancata, profonda riflessione sulla didattica e sul rapporto docente discente. Ma, soprattutto, la sottovalutazione che i diversi governi, al di là delle parole e delle inutili e confuse riforme attuate in questi anni, hanno mostrato nei confronti della scuola come istituzione centrale ed ineludibile per la formazione - non solo professionale, tecnica, relativa al futuro lavorativo degli studenti – culturale e valoriale dei giovani. Forse è proprio a questa ultima visione che la scuola dovrebbe tornare per ridare all’istruzione quel valore che i ragazzi di oggi hanno smarrito.