Stampa questa pagina
Giovedì, 24 Aprile 2025 05:53

LA MORTE DI PAPA FRANCESCO: IL FUTURO DELLA CHIESA TRA PROFEZIE E RINNOVAMENTO Featured

Scritto da
Valuta questo articolo
(1 Voto)

“MYSTERIUM INIQUITATIS”, DI SERGIO QUINZIO

Alla morte di un pontefice segue sempre per la cristianità un periodo di smarrimento, di incertezza e di sgomento, di interrogtivi sul destino della stessa Chiesa, del mondo e dell'umanità. Questo è tanto più vero oggi, dopo la morte di Papa Francesco, in cui ci troviamo a vivere in un periodo storico in cui la paura per la fine del mondo a causa di una guerra atomica o di cataclismi naturali è tangibile. E come sempre accade, dopo la morte di un pontefice, al di là delle congetture sul suo successore, si ripresentano le profezie sulla fine della Chiesa e del mondo. Così, in questi giorni, come se fosse un obbligo, le pagine dei quotidiani riportano la profezia del monaco medievale Malachia, secondo cui l'ultimo Papa si chiamerà Pietro II e con lui giungerà l'apocalisse che porrà fine alla storia della Chiesa, della cristianità e del mondo.

Malachia (Armagh 1095 – Abbazia di Chiaravalle 1148) era un Arcivescovo irlandese, abate del monastero cistercense di Bangor, fatto Santo nel 1190 da Clemente III ( si festeggia il 3 novembre) che in 112 motti descrive le caratteristiche dei papi da Celestino II eletto nel 1143 fino all'ultimo, Pietro il romano, sotto il cui pontificato verrà il giudizio universale.

Ora, è molto probabile cha la profezia che Malachia avrebbe consegnato a Papa Innocenzo II (1130-1143) il quale l'avrebbe nascosta nell'archivio vaticano, sia un falso orchestrato dal noto falsario Alfonso Ceccarelli, decapitato nel 1583 per tale reato, o da sodali del Cardinale Girolamo Simoncelli per orientarne l'elezione a Papa come successore di Urbano VII nel 1590.

Tuttavia, le profezie o le supposte profezie possono servire da metafore per ispirare riflessioni profonde e storicamente fondate anche se intrise di visionarietà.

Torna utile, allora, rileggere l'opera del teologo ed esegeta biblico Sergio Quinzio, in particolare “Mysterium iniquitatis” in cui la profezia di Malachia è interpretata in senso escatologico riguardo al fallimento della Chiesa e del Cristianesimo nella storia dell'umanità giunta alla fine. Una interpretazione che parte da una domanda che ogni cristiano rivolge a se stesso e che riprende quanto scritto da Paolo di Tarso nella seconda lettera ai Tessalonicesi: perché Dio permette il dolore e la sofferenza, le malattie e le guerre? Perché questa iniquità?

Mysterium iniquitatis inizia con un racconto, “Vocabor Petrus” il cui protagonista come scrive lo stesso Quinzio è un ipotetico ultimo papa, Pietro II, eletto alla fine del secondo millennio proprio sulla base della profezia di Malachia”, che intanto fa quello che nessun Papa ha mai fatto, rinnovare il nome del primo pontefice.

Pietro II “vive al chiuso del Laterano, la sede episcopale romana dove ha trasferito la propria residenza. (…) non lo si vede più in televisione, non fa più grandi viaggi. Alla sua messa quotidiana i fedeli si contano prima a migliaia, poi a centinaia, e infine a decine. Nessuno ode da lui altre parole che non siano, all’omelia, il commento delle Scritture, sempre più viene guardato come una specie di uomo superato, di passatista, legato ad una concezione non più attuale della religione.
Quando il suo isolamento è completo anche all’interno delle mura ecclesiastiche, Pietro II si chiede se esiste ancora una possibilità di riconoscersi cristiani in un nucleo essenziale di cose in cui credere e sperare, (…). Esiste ancora la verità cristiana nel mondo, o è giunto il momento profetizzato in cui, ritornando, il Signore non avrebbe più trovato la fede sulla terra? Il papa scrive un’enciclica Resurrectio mortuorum che va a impattare direttamente con il tema più radicale dell’annuncio cristiano, cioè il tema della promessa, della speranza della resurrezione dei morti, nella quale rivendica l’idea che i morti resusciteranno realmente, per vivere realmente, per ritrovarsi tra coloro che sono morti, secondo l’antica speranza cristiana. Viene così guardato sempre più con sospetto e commiserazione, sicché si ritrae sempre più in se stesso e scrive in mesi di angoscia una seconda enciclica che si chiama Mysterium iniquitatis”
.

 

Ecco, l'iniquità. Dove è finita la promessa della parola di Dio se siamo sempre costretti a soffrire e a morire? Questo è il lato oscuro del messaggio cristiano, il mistero di ciò che ha tradito le attese. Quello che Pietro II svela.

 

(…) Peggio che andare di notte, dopo questa seconda enciclica, che viene da tutti rigettata, il vecchio papa è totalmente angosciato. Non è più possibile proporre ai cristiani la verità cristiana nei suoi aspetti essenziali, perché il mondo è stato redento ma dopo duemila anni continua ad andare avanti come andava. Alla fine Pietro II sale nell’interno della cupola di San Pietro, con la lampada in mano e illumina le lettere che sono scritte tutt’intorno alla sua base: “Tu es Petrus, et super hanc petram aedificabo ecclesiam meam et tibi dabo claves regni coelorum”, e precipita, in corrispondenza dell’incrocio dei bracci della chiesa di San Pietro”.

 

Dopodiché, l'apocalisse.

 

Ma con l'ultimo Papa in realtà non finisce il Cristianesimo. Anzi. Nel pensiero di Quinzio, Pietro il romano segue Cristo nella passione e la stessa fine storica della Chiesa è equiparata alla fine di Cristo: Come Cristo è morto storicamente sulla croce per poi resuscitare, così la Chiesa stessa dovrà paradossalmente finire, fallire nella storia per poi assurgere a nuova vita. (…) e come quando sarà morto sulla croce Gesù risusciterà, così quando la Chiesa sarà fallita nella storia a imitazione del suo Signore, tornerà a vivere la vita eterna e ci sarà la risurrezione per tutti”.

 

Dunque, per Quinzio è del Mysterium iniquitatis che la Chiesa deve parlare. In questo è il suo futuro. Nel riaffermare con radicalità le verità della fede cristiana. Ed essere al centro della storia essendo credibile, eticamente e moralmente coerente nel nome dell'insegnamento e della parola di Dio. E tutto questo, per Quinzio, deve essere legato all'idea di Dio creatore e giudice dei nostri atti.
Quindi, il futuro della Chiesa e della Cristianità sta nel tornare
alla radice delle verità cristiane così come sono state accolte da chi ha ascoltato la parola di Gesù e la parola degli apostoli. Solo così noi possiamo sperare di ritrovare un fondamento per le nostre azioni, per il nostro comportamento; se invece pensiamo che quelle siano cose antiche con un’origine più o meno mitica, più o meno superstiziosa, allora effettivamente ci allontaniamo troppo decisamente dal cristianesimo”.

Così, dopo i capitoli “Resurrectio mortuorum” e “Mysterium iniquitatis”, il capitolo che chiude il libro è “Il silenzio della Chiesa”, in cui ribadendo il credo in Dio, Quinzio ribadisce la sua segreta speranza di trovare concordanze con le posizioni assunte dalla Chiesa nei confronti degli attuali problemi, innanzitutto al senso di imminente catastrofe che consapevolmente o inconsapevolmente attanaglia l'uomo contemporaneo. Mysterium iniquitatis si chiude con queste parole: “(...) finora è andata delusa anche la mia più modesta aspirazione: quella che un Papa alzi la sua voce per parlare con autorità in nome di Cristo, del significato sempre più terribile dei tempi che viviamo, della terra che abitiamo e insieme della salvezza che attendiamo”.

 

Sergio Quinzio scriveva queste parole nel 1995, o almeno è questa la data di pubblicazione del libro. Non aveva avuto la fortuna di conoscere Papa Francesco e la sua opera di riforma della Chiesa. Se lo avesse conosciuto, forse avrebbe visto in lui quel cambiamento che desiderava, quel ritorno alle radici del messaggio cristiano che sta già tutto nel nome scelto da Bergoglio. Che sta da una parte nella prospettiva teologica su cui Francesco ha messo in cammino la sua Chiesa, il mistero della croce che è l'accettazione della sofferenza, la condizione in cui Dio si rivela e che pone ogni cristiano a rivolgersi verso i più deboli; dall'altra nelle riforme alle quali ha dato avvio nell'ambito della struttura organizzativa, giudiziaria e finanziaria, nella lotta alla corruzione e alla pedofilia, nel suo impegno per la pace, nei suoi scritti in cui parla di una Chiesa che deve raggiungere gli ultimi e di una fede che deve difendere e custodire il creato.

Ecco, per usare l'immagine di Quinzio, non è forse questa una Chiesa testa e corpo di Cristo?

Il secondo millennio è trascorso e con esso le profezie. Forse quello che Papa Francesco ha lasciato costituisce la profezia per la Chiesa del terzo millennio, in bilico tra conservatorismo e rinnovamento. Così come il mondo attuale. Le sue riforme, la rotta che egli ha tracciato saranno il futuro della Chiesa e della cristianità? Ce lo dirà il prossimo conclave.

Sergio Quinzio, Mysterium iniquitatis, Milano, Adelphi, 1995.

 

Letto 175 volte Ultima modifica Giovedì, 24 Aprile 2025 06:02
Effettua il Login per inserire i tuoi commenti